Richieste ed informazioni
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BOW WINDOW SU GALLA PLACIDIA
La “manifattura operosa” di Roberto Evangelisti
di Paolo Bolzani
Segni moderni su un tessuto antico. Supponiamo di aver percorso la bretella pedonale che bordeggia l’area verde del Park Cybo, proveniendo dalla Circonvallazione San Gaetanino in direzione di via Pier Traversari.
Scendendo verso sud, all’incrocio con via Galla Placidia e via Pietro Alighieri, le persone più curiose saranno sorprese di vedere un fabbricato che per il panorama del centro urbano ravennate potremmo definire abbastanza singolare, sia nelle caratteristiche linguistiche, sia per il ruolo di snodo a un crocicchio, che sembra quasi conferirgli un aura di segnale urbano, rivolto ad indicare l’ingresso all’area monumentale del complesso di San Vitale.
Nel momento in cui svoltiamo per iniziare il bellissimo percorso fiancheggiato dall’area archeologica di Santa Croce, che prosegue transitando accanto al Mausoleo di Galla Placidia e si conclude a fianco del grande Ottagono, ecco elevarsi in corrispondenza all’angolo occidentale una “casa” a due piani fuori terra su uno parzialmente interrato in un lotto di dimensioni molto risicate, già di proprietà comunale.
Su questo frustolo stradale, in precedenza occupato da una minuscola casetta, auto in sosta e bidoni dell’immondizia, nella primavera del 1992 venne inaugurato questo fabbricato, destinato a sede di un laboratorio per il restauro di beni artistici (grandi quadri, sculture, etc). Ne firmava il progetto l’architetto Roberto Evangelisti (Brescia 1930, con studio a Bologna), tuttora operante in città, la cui fama ha inizio nel 1972 con la firma del “modernissimo” fabbricato per gli uffici della “Italiana Olii & Risi” già noto come il “Palazzo di vetro” e da un anno intitolato ufficialmente a Serafino Ferruzzi (vedi Rav&Din n° 60 del 17.04.03). Quella che in pianta potremmo definire una semplice sutura urbana, in alzato diviene occasione per il progettista per provare ad interpretare testo, contesto e tema funzionale in chiave retorica.
Se per ragioni operative e intrinseche alle attività ivi svolte il fabbricato deve aprire grandi finestrature verso nord per consentire il copioso ingresso di una luce naturale schermata, Evangelisti si inventa tre grandi frontoni vetrati, che sporgono a bow window su via Galla Placidia, mentre evocano la sequenza cuspidata in linea delle strade di paesaggi urbani dell’europa del nord. Qui il fabbricato parla il linguaggio delle “manifatture operose”, dei luoghi in cui le cose si trasformano, rivelando il suo essere edificio-macchina, a partire dalla scala denunciata in facciata. Le ampie aperture a serramenti metallici e vetri antiproiettile consentono infatti la lettura della struttura interna del corpo di fabbrica, ideato per agevolare la movimentazione di quadri di grandi dimensioni, con solai ad asole perimetrali, un sistema interno di argani che dal primo piano mediante una sequenza di botole passanti in legno raggiunte lo scantinato.
Il tema degli accessi è opportunamente diversificato. Quello di via Pier Traversari riprende la tradizione del portone ravennate urbano con sopraluce a mezza luna, mentre viene segnalato dall’arretramento rispetto al limite stradale e dal grande segno-finestra verticale che illumina la zona delle botole passanti e ulteriormente “sacralizzato” da sei scalini che consentono allo scantinato di emergere leggermente dal terreno. Da qui si entra direttamente nell’ambiente più grande, dove si trovano i quadri in attesa di essere restaurati.
L’ingresso operativo rimane con discrezione a filo parete su via Galla Placidia, in prossimità della scala interna che disimpegna i piani e uno studiolo che si apre su un giardinetto adiacente all’area degli scavi archeologici.
La consueta attenzione del progettista nel declinare i materiali tra tradizione e innovazione si rivela nell’attacco a terra del fabbricato, nobilitato da una pregevole fascia in marmo rosatello di Vicenza che risale lungo gli stipiti degli accessi, cui fan da contrappunto il tetto e i pluviali in rame, lavorati questi ultimi con casello mentre si immergono nel corpo murario approssimandosi a terra.
La “manifattura operosa” di Roberto Evangelisti
di Paolo Bolzani
Segni moderni su un tessuto antico. Supponiamo di aver percorso la bretella pedonale che bordeggia l’area verde del Park Cybo, proveniendo dalla Circonvallazione San Gaetanino in direzione di via Pier Traversari.
Scendendo verso sud, all’incrocio con via Galla Placidia e via Pietro Alighieri, le persone più curiose saranno sorprese di vedere un fabbricato che per il panorama del centro urbano ravennate potremmo definire abbastanza singolare, sia nelle caratteristiche linguistiche, sia per il ruolo di snodo a un crocicchio, che sembra quasi conferirgli un aura di segnale urbano, rivolto ad indicare l’ingresso all’area monumentale del complesso di San Vitale.
Nel momento in cui svoltiamo per iniziare il bellissimo percorso fiancheggiato dall’area archeologica di Santa Croce, che prosegue transitando accanto al Mausoleo di Galla Placidia e si conclude a fianco del grande Ottagono, ecco elevarsi in corrispondenza all’angolo occidentale una “casa” a due piani fuori terra su uno parzialmente interrato in un lotto di dimensioni molto risicate, già di proprietà comunale.
Su questo frustolo stradale, in precedenza occupato da una minuscola casetta, auto in sosta e bidoni dell’immondizia, nella primavera del 1992 venne inaugurato questo fabbricato, destinato a sede di un laboratorio per il restauro di beni artistici (grandi quadri, sculture, etc). Ne firmava il progetto l’architetto Roberto Evangelisti (Brescia 1930, con studio a Bologna), tuttora operante in città, la cui fama ha inizio nel 1972 con la firma del “modernissimo” fabbricato per gli uffici della “Italiana Olii & Risi” già noto come il “Palazzo di vetro” e da un anno intitolato ufficialmente a Serafino Ferruzzi (vedi Rav&Din n° 60 del 17.04.03). Quella che in pianta potremmo definire una semplice sutura urbana, in alzato diviene occasione per il progettista per provare ad interpretare testo, contesto e tema funzionale in chiave retorica.
Se per ragioni operative e intrinseche alle attività ivi svolte il fabbricato deve aprire grandi finestrature verso nord per consentire il copioso ingresso di una luce naturale schermata, Evangelisti si inventa tre grandi frontoni vetrati, che sporgono a bow window su via Galla Placidia, mentre evocano la sequenza cuspidata in linea delle strade di paesaggi urbani dell’europa del nord. Qui il fabbricato parla il linguaggio delle “manifatture operose”, dei luoghi in cui le cose si trasformano, rivelando il suo essere edificio-macchina, a partire dalla scala denunciata in facciata. Le ampie aperture a serramenti metallici e vetri antiproiettile consentono infatti la lettura della struttura interna del corpo di fabbrica, ideato per agevolare la movimentazione di quadri di grandi dimensioni, con solai ad asole perimetrali, un sistema interno di argani che dal primo piano mediante una sequenza di botole passanti in legno raggiunte lo scantinato.
Il tema degli accessi è opportunamente diversificato. Quello di via Pier Traversari riprende la tradizione del portone ravennate urbano con sopraluce a mezza luna, mentre viene segnalato dall’arretramento rispetto al limite stradale e dal grande segno-finestra verticale che illumina la zona delle botole passanti e ulteriormente “sacralizzato” da sei scalini che consentono allo scantinato di emergere leggermente dal terreno. Da qui si entra direttamente nell’ambiente più grande, dove si trovano i quadri in attesa di essere restaurati.
L’ingresso operativo rimane con discrezione a filo parete su via Galla Placidia, in prossimità della scala interna che disimpegna i piani e uno studiolo che si apre su un giardinetto adiacente all’area degli scavi archeologici.
La consueta attenzione del progettista nel declinare i materiali tra tradizione e innovazione si rivela nell’attacco a terra del fabbricato, nobilitato da una pregevole fascia in marmo rosatello di Vicenza che risale lungo gli stipiti degli accessi, cui fan da contrappunto il tetto e i pluviali in rame, lavorati questi ultimi con casello mentre si immergono nel corpo murario approssimandosi a terra.
Tratto da Ravenna&Dintorni, 20 maggio 2004, n° 112